Categoria: Cultura

  • A FERRARA PER LIRICA IN CASTELLO LA BOHÈME DI PUCCINI

    FERRARA. 6 LUG. Dopo il grande successo di Rigoletto (2013) e Il Barbiere di Siviglia (2014), toccherà quest’anno a La Bohème di Puccini, uno dei capolavori più amati della storia del melodramma, presentarsi al pubblico cittadino nel Cortile del Castello Estense di Ferraragiovedì 9 luglio alle 21.

    Lo spettacolo è organizzato anche quest’anno con il contributo di Comune, Provincia e Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Regione Emilia Romagna, e il sostegno di Ferrara sotto le stelle.

    Tra gli interpreti, di notevole spessore artistico, troviamo l’esperto tenore Giorgio Casciarri (Rodolfo), a fianco dei giovani ma già affermati Gioia Crepaldi (Mimì), Daniela Cappiello(Musetta), Raffaele Raffio (Marcello), Daniele Macciantelli (Colline) e Luciano Matarazzo (Schaunard): un cast che si annuncia tra i più adatti ad evocare i timori, i dubbi sul proprio futuro e le passioni proprie di giovani artisti bohémien.

    Casciarri, allievo fiorentino di Jorge Ansorena, ha debuttato nel 1992 come Duca di Mantova in Rigoletto, interpretandolo poi oltre duecento volte in molti dei più importanti teatri italiani e internazionali; il pubblico ferrarese ha avuto modo di apprezzarlo in questo ruolo nel 2013, proprio nella prima edizione di Lirica in Castello. Accanto a lui troveranno spazio Gioia Crepaldi e Daniela Cappiello, entrambe vincitrici delle due ultime edizioni del Concorso Lirico Internazionale Toti Dal Monte. Daniela Cappiello (Musetta) è stata quest’anno applauditissima interprete de La sonnambula di Bellini nella stagione Lirica del Teatro Comunale di Ferrara. Gioia Crepaldi, una Mimì già navigata a dispetto della giovane età, prenderà parte il prossimo anno teatrale nel ruolo di Donna Elvira al Don Giovanni di Mozart, coprodotto dai Teatri di Treviso e Ferrara.

    Sul podio dell’Orchestra Città di Ferrara salirà quest’anno Aldo Salvagno, presenza di notevole prestigio ed esperienza in campo lirico. A testimonianza del forte radicamento cittadino dello spettacolo, coroneranno la messa in scena da un lato il Coro Giuseppe Verdi di Ferrara, dall’altro il Coro dei Monelli Corrado Govoni guidato da Renato Vanzini. E nel collocare nel Castello Estense uno spettacolo ambientato a Parigi, la regia, affidata come di consueto a Maria Cristina Osti, punta su suggestioni e stimoli ricavati dalle opere di Giovanni Boldini, pittore a cui Ferrara ha dato i natali e la capitale francese la notorietà, rappresentante di quel realismo luminoso dove i soggetti ritratti vivono di forme raffinate e sensuali.

    Biglietti: intero 15 euroridotto fino a 12 anni di età 8 euro, acquistabili on line sul sito www.teatrocomunaleferrara.it e il giorno stesso della rappresentazione direttamente in Castello a partire dalle 20. In caso di maltempo lo spettacolo avrà luogo sabato 11 luglio alle 21.

    FRANCESCA CAMPONERO

    Leggi l’articolo originale: A FERRARA PER LIRICA IN CASTELLO LA BOHÈME DI PUCCINI

  • FESTIVAL DI SPOLETO. TRE GRANDI ARTISTE NEL WEEK

    PERUGIA. 4 LUG. Un week end interessante quello del 58esimo Festival dei Due Mondi a Spoleto che vede protagoniste 3 donne completamente diverse una dall’altra, ma tutte grandi artiste del panorama internazionale: Adriana Asti, Eleonora Abbagnato e Lucrezia Lante Della Rovere che portano in scena 3 spettacoli da non perdere:

    4-5 luglio “IL MARE È BLU”

    BERTOLT BRECHT
    KURT WEILL
    canzoni • poesie • teatro

    Uno spettacolo totale per Adriana Asti con passaggi sorprendenti tra i song di Happy End e quelli dell’Opera da tre soldi, intervallati dalle poesie del più lucido e maledetto drammaturgo dei nostri tempi. Lotta, dolore e pietà, ma anche leggerezza, gentilezza ed ironia. Al centro il suggestivo affresco teatrale de La moglie ebrea, trasformato in un appassionante dialogo tra parole e musica.

    4-5 luglio “SOIRÉE ROLAND PETIT”

    Eleonora Abbagnato in una serata dedicata al grande danzatore e coreografo francese Roland Petit. Ad accompagnarla, alcune fra le più prestigiose stelle del panorama internazionale del balletto classico come Mathieu Ganio, Maria Yakovleva e Alessandro Riga, Nicoletta Manni e Claudio Coviello

    4-5- luglio “IO SONO MISIA”

    L’ape regina dei geni , di Vittorio Cielo, regia Francesco Zecca

    Lucrezia Lante della Rovere dà voce alla fascinosa personalità di Misia Sert, la regina di Parigi, con un testo inedito liberamente ispirato alle memorie della celebre “cercatrice di geni”, alle confidenze, messaggi, lettere, di Proust, Stravinsky, Diaghilev, Nijinsky, Debussy, Tolouse Lautrec, Picasso, Ravel, Cocteau.

    FRANCESCA CAMPONERO

    Internet: www.festivaldispoleto.com

    Clicca qui per vedere il video incorporato.

    Leggi l’articolo originale: FESTIVAL DI SPOLETO. TRE GRANDI ARTISTE NEL WEEK

  • “SI, VIAGGIARE!”: PISA, A SPASSO PER PIAZZA DEI MIRACOLI

    Piazza dei Miracoli

    PISA 2 LUG. Forse è uno dei posti sicuramente più famosi in Italia e non poteva partire da un luogo più magico la nostra nuova rubrica “Sì, Viaggiare!”.

    Il nostro inviato ha passeggiato per Piazza dei Miracoli, il fulcro di una visita a Pisa che prima o poi tutti dovrebbero fare nella loro vita.

    La Torre è l’indiscussa protagonista ma non c’è da dimenticare la monumentalità del Duomo e la bellezza in miniatura del battistero.

    Se abbiamo voglia di girare un pò appena fuori Piazza dei Miracoli ecco alcuni resti archeologici di assoluto interesse. E come dimenticare sul lato Nord il Campo Santo?.

    In treno consigliamo di scendere a Pisa Centrale e a pochi minuti a piedi si raggiunge Piazza dei Miracoli. In macchina venendo da Genova o da Roma si prende l’A12 uscendo a Pisa Nord. Arrivando da Pisa consigliamo la superstrada FI-PI-LI.

    E ora sogniamo con le foto del nostro inviato.










    Leggi l’articolo originale: “SI, VIAGGIARE!”: PISA, A SPASSO PER PIAZZA DEI MIRACOLI

  • “SI’, VIAGGIARE!”, LA NUOVA RUBRICA PER L’ESTATE

    GENOVA 2 LUG. “Sì. Viaggiare!” Nuova rubrica di viaggi. Il nostro gruppo editoriale ha deciso di darvi alcune idee di possibili destinazioni per le vostre vacanze in quest’estate 2015 appena iniziata.

    I nostri inviati hanno fatto degli scatti di alcune località, sia in Italia che all’estero per farvi venire l’acquolina in bocca con anche dei consigli su possibili itinerari e gite da seguire.

    E magari sognando attraverso i nostri scatti potrete trasformare il sogno in realtà e mandarci anche voi le foto più artistiche da poter pubblicare.

    Con il mese di luglio parte questa rubrica che speriamo possa appassionarvi sempre più. Siamo pronti! Partiamo!.

     

    Leggi l’articolo originale: “SI’, VIAGGIARE!”, LA NUOVA RUBRICA PER L’ESTATE

  • “SI’, VIAGGIARE !”, LA NUOVA RUBRICA PER L’ESTATE

    GENOVA 2 LUG. “Sì. Viaggiare!” Nuova rubrica di viaggi. Il nostro gruppo editoriale ha deciso di darvi alcune idee di possibili destinazioni per le vostre vacanze in quest’estate 2015 appena iniziata.

    I nostri inviati hanno fatto degli scatti di alcune località, sia in Italia che all’estero per farvi venire l’acquolina in bocca con anche dei consigli su possibili itinerari e gite da seguire.

    E magari sognando attraverso i nostri scatti potrete trasformare il sogno in realtà e mandarci anche voi le foto più artistiche da poter pubblicare.

    Con il mese di luglio parte questa rubrica che speriamo possa appassionarvi sempre più. Siamo pronti! Partiamo!.

     

    Leggi l’articolo originale: “SI’, VIAGGIARE !”, LA NUOVA RUBRICA PER L’ESTATE

  • VULCANO, FILM D’ESORDIO JAYRO BUSTAMANTE CHE DENUNCIA TRAFFICO MINORI IN GUATEMALA

    GENOVA. 22. GIU. ” Vulcano ” od ” Ixcanul secondo il titolo originale, prodotto da ” TU VAS VOIR ” e distribuito da Parthénos e Lucky Red, è un film dell’anticinema del Colossal, che non a caso ha partecipato all’ultima berlinale, aggiudicandosi l’Orso d’Argento.

    Opera prima del talentuoso Jayro Bustamante, guatemalteco, è un buon film. Pur riprendendo da vicino delle comunità rurali di ascendenza maya, non scivola mai nell’eventuale accademismo del Documentario, ma conduce lo spettatore  in una bella paesaggistica, appassionandolo. Dal punto di vista della composizione filmica, ha una struttura ad anello, visto che il primo fotogramma che inquadra in primo piano bergmaniano il volto dallo sguardo svuotato della protagonista, mentre la madre le acconcia i capelli alla maniera tradizionale maya, è il medesimo dell’ultimo. Ad indicare che nell’estensione della storia, non si verifica, ahimè, un cambiamento di rotta. Per il resto non ci sono inquadrature particolari. Bei primi piani ed alcune carrellate ben’riuscite..

    E chiaramente l’onnipresenza della Natura che è compartecipe dell’esistenza dei personaggi. D’altronde la maggior parte del film è stata girata nelle aree del ” Parque Nacional Volcàn de Pacaya y Laguna Calderas “. Centrale la figura del Vulcano, cui i protagonisti offrono doni e si rivolgono in Preghiera, facendosi il segno della croce mentre ne invocano gli spiriti guida, in una commistione di cristianesimo ed animismo indio, ufficialmente radicato in quest’area del mondo. Tanti gli elementi di matrice realista che sebbene forti, sono testimonianza di un modo di vita che nella nostra società neoliberista abbiamo smarrito in maniera indelebile, come in una delle prime scene in cui la madre della protagonista fa ubriacare i maiali con il room per farli accoppiare per ricavarne successivamente un saporito pasto per gli ospiti. Non insorgano gli animalisti, ma siamo in un altro mondo, quello delle comunità arcaiche regolate dagli antichi codici d’onore, dove non c’è mai la possibilità di scegliere o cambiare, a differenza della nostra pur contestata realtà sociale.

    La trama è in apparenza semplice.

    Siamo in Guatemala, tra le comunità d’origine maya per l’appunto. In effetti il film che è distribuito sottotitolato in lingua originale, è stato interpretato non in spagnolo ( salvo qualche battuta ) come si potrebbe supporre, bensì nella lingua india d’appartenenza. La giovane Maria, figlia di due campesinos, è promessa in sposa ad Ignacio, uomo vedovo più grande di lei ( chiaramente! ) e signorotto locale che dispensa e sottrae lavoro ai contadini della zona. Maria giustamente lotta per trovare una propria strada ed una propria identità.

    Sognerebbe un futuro con Pepe, un giovane bracciante di Ignacio, cui decide di concedersi, illusamente convinta di trovare Amore in lui. Ma per il ragazzo è solo un’avventura. Pepe infatti proprio attraverso i sentieri del Vulcano fuggirà clandestinamente negli Stati Uniti, determinato nel cercare uno stile di vita ” moderno “. Lascerà sola Maria, che da quell’unione è rimasta incinta. Qui inizia un certo dramma. La madre, Luana, una volta appresa la notizia della gravidanza della figlia, si mostrerà solidale alla sua difficile condizione di Donna. In effetti, dopo Maria, che rappresenta il personaggio chiave del coraggio, la madre risulta essere personaggio d’altrettanto impatto, pur essendo “impigliata ” in una realtà in cui le Donne sono evidentemente costrette in rigidi schemi. Salterà momentaneamente il matrimonio con Ignacio. Ma l’elemento peggiore sarà ravvisabile nel morso di un serpente che condurrà Maria ed i suoi genitori presso l’ospedale della Grande Città, di cui loro purtroppo non parlano la lingua ufficiale.

    Soltanto qui Jayro Bustamante decide di rivelare l’autentico messaggio del Film. Messaggio di durissima denuncia sociale, sicuramente inascoltata.

    Maria si salverà. Ed anche la figlioletta che con sacro rispetto  al Vulcano  porta in grembo. I Medici le faranno credere che sia morta.

    Raccapricciante è il Traffico di Minori che ogni giorno si consuma nelle strade e, soprattutto, all’interno dei reparti maternità degli ospedali del Guatemala. Li chiamano ” Jadalores “, i ” ladri di bambini ” che li sottraggano appena nati alle rispettive madri, spesso sedate dai medesimi Medici che sono palesemente conniventi, per un traffico di minori diretti per lo più negli Stati Uniti al fine di essere adottati da ricche famiglie nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore sono destinati ad una vita di sfruttamento e prostituzione oppure ad una ” non vita ” di estrazione e traffico d’organi.

    Il tutto con il silenzio complice delle autorità locali, giudici inclusi. Esiste infatti la Commissione Guatemalteca Contro Le Impunità ( CICIG ), confidando riesca ad invertire la rotta giudiziaria. E così il Guatemala da ” Visione Alternative di campesinos ” si converte in uno dei paesi a maggior tasso d’orrore per i minori. Di questa terribile violazione di Diritti, esiste un chiaro riferimento letterario nel libro ” I quaderni del pianto” della cilena Marcela Serrano, sebbene la scrittrice non espliciti la terra teatro d’abusi. Ma il fenomeno è chiaro.

    In tal senso, il nostro regista Bustamante ha dichiarato che con questo film intendeva proprio rendere manifesta l’aberrazione che subiscono molte madri.

    Tornando alla trama del film, Maria ne uscira ‘con acuto dolore, ma con dignità. Il suo unico non riscatto sarà alla fine quello di sposarsi comunque con Ignacio che necessita di una donna che badi ai tre figli avuti dalla prima defunta moglie. Tutto qui. Vince l’accettazione rassegnata, da cui lo sguardo svuotato della protagonista nel fotogramma iniziale / finale del Film.

    Tutti gli attori sono non professionisti. Eccellente l’interpretazione di Maria Merceds Coroy nel ruolo di Maria. Altrettanto intensa l’interpretazione di Maria Telon nel ruolo di Luana, la madre di Maria.

    Belli i variopinti abiti tradizionali di Sofia Lantàn. Azzeccate le musiche di Pascual Reyes che mitigano l’amarezza del film.

    Pellicola dal senso triste eppure d’audace dignità. La dignità delle Donne non ricche, non istruite e per questo più vulnerabili ai soprusi di un contesto sociale mostruoso. Da vedere per imparare anche nella nostra società a non essere muti testimoni o ” complici ” di qualche ingiustizia che sicuramente incontreremo.

    Romina De Simone

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Leggi l’articolo originale: VULCANO, FILM D’ESORDIO JAYRO BUSTAMANTE CHE DENUNCIA TRAFFICO MINORI IN GUATEMALA

  • SE N’E’ANDATO IL DRACULA PIU’ AFFASCINANTE DEL CINEMA

    LONDRA. 13 GIU. Christopher Frank Carandini Lee era nato a Londra nel 1922, aristocratico, longilineo, elegante, si è imposto come icona del cinema del terrore alla fine degli Anni ’50, riuscendo ad incutere spavento semplicemente con la propria presenza, con la propria macabra autorevolezza.

    Una presenza che ha poco a che vedere con la sguaiatezza degli horror movie di ultima generazione. Lee, che è mancato domenica 7 giugno, si lascia alle spalle una filmografia talmente sterminata da averlo fatto entrare nel Guiness dei primati del 2001 forte delle sue circa 300 apparizioni sul grande schermo. Ma il personaggio chiave, quello che imprime nella sua carriera un marchio glorioso e indelebile, è il conte Dracula, riproposto in decine di storie con altrettante variazioni sul tema.

    Il Dracula di Christopher Lee è affascinante perché pervaso da una nefasta malinconia che lo rende diverso da tutte le altre rappresentazioni del personaggio. Era comprensibile vedendolo che le donne cadessero ai suoi piedi e si facessero mordere il collo senza alcuna resistenza.

    E grazie al successo ottenuto nel ruolo di Dracula, negli anni Settanta Lee recitò in un altro film horror considerato fra i migliori di quegli anni, The Wicker Man, e interpretò la parte del cattivo nel fllm della saga di James Bond L’uomo dalla pistola d’oro.

    La sua carriera ebbe una specie di svolta quando fu scelto per interpretare Saruman nella trilogia del Signore degli Anelli, il cui primo film è uscito nel 2001.

    Di recente, aveva anche lavorato molto col regista Tim Burton: ha recitato in suoi film come Sleepy Hollow, La sposa cadavere, La fabbrica di cioccolato, Alice in Wonderland e Dark Shadows.

    Lee si può considerare senz’altro una pietra miliare del cinema di tutti i tempi.

    FRANCESCA CAMPONERO

    Leggi l’articolo originale: SE N’E’ANDATO IL DRACULA PIU’ AFFASCINANTE DEL CINEMA

  • TOKYO FIANCEE, PELLICOLA DELICATA CON UNA PERVASIVA SFUMATURA D’AMAREZZA

    GENOVA. 10.GIU.  “Tokyo Fiancée”, distribuito in Italia con il titolo meno azzeccato “Il Fascino indiscreto dell’Amore”, è una pellicola che racconta di una storia decisamente delicata ma altrettanto amara.

    D’Amarezza pervasiva, quasi corrosiva; sicché per quanto sia un eccellente film, bisogna disporre d’un cuore addestrato alla malinconia, per visionarlo con gusto. In effetti precisiamo subito. Non si tratta propriamente di una commedia brillante come in Italia si ostina a definerla a gran voce la maggior parte della critica. Anzi, tecnicamente rientra nel genere ” drama film “, con il ritmo inizialmente leggero della Commedia in cui si incunea presto – anche nella tecnica filmica – una riflessione sull’Amore, percepita lieve perché – per l’intera stesura del film – è raccontata in soggettiva dalla protagonista ventenne, ma che è tutt’altro che banale e spensierata!

    Il Film è tratto dal romanzo ” Né di Eva, né di Adamo “, dell’originale scrittrice belga ” Amélie Nothomb “con evidenti elementi autobiografici dal momento che la Nothomb stessa, figlia di un diplomatico belga, è nata nel 1967 a Kobe, in Giappone, paese in cui fara’rientro a 21 anni per scoprire la sua autentica appartenenza nipponica, proprio come la protagonista del Film, nella cui eccellente giovane attrice, sussiste una forte somiglianza con la Nothomb.

    Pochi sanno che il regista, Stefan Liberski ( nato in Belgio nel 1951 ), esordisce come assistente alla Regia sul set de ” La Città delle Donne ” ( 1979 ) del maestro ” universale ” Federico Fellini, da cui evidentemente eredita una certa deriva onirica che senz’altro ci accompagna nella visione di ” Tokyo Fiancée “. Stefan Liberski, dopo un periodo trascorso a Roma, esordisce come scrittore per diventare poi in Belgio un affermato Regista TV per Canal +, realizzando una decina di mediometraggi tra cui ” Portrait d’Amélie Nothomb “, rivelando già l’interessamento all’opera letteraria della nostra anticonvenzionale scrittrice.

    In tal senso, ” Tokyo Fiancée ” è il suo primo vero Lungometraggio e per essere tale è davvero ben’riuscito. Gli si può addebitare un ritmo un po’ lento, ma sussiste un’applicazione dei codici cinematografici che solo gli addetti ai lavori comprenderanno. Infatti sono certa che pochi eletti noteranno nella ripresa della stanza d’appartamento della protagonista Amélie, la studiata presenza in un piccolo vaso di un esile crisantemo che in Giappone, contrariamente alla nostra cultura, simboleggia la vita ed è considerato fiore nazionale.

    Intensi i primi piani. Ben’ realizzate le riprese in esterno e validissime tutte le riprese dall’alto che ritraggono le scene intime tra i due innamorati mantenendo un buon allineamento poetico con la matrice del film. Un pò santii i flashback d’immaginazione della protagonista, o meglio risultano montati in modo non del tutto fluido. Ma perdoniamo Liberski, visto che ha realizzato un così gradevole film ‘autore. Non stereotipato.

    Fine anni ’80. Dal Belgio la nostra protagonista Amélie rientra nel suo Giappone natio, determinata a diventare una vera giapponese, come se la cittadinanza belga non le bastasse, sentimento comune ai migranti che inglobino in sé più mondi…

    Amélie per  mantenersi, affigge un annuncio in qualità di insegnante di francese, cui risponde l’educatissimo  (altrettanto facoltoso ) ed affascinante Rinri, suo coetaneo, che resterà il suo unico studente, con cui si schiuderà presto un bel sentimento che la protagonista stessa definisce non ” Amore “, ma ” Diletto “. Tutta questa prima parte del Film è contraddistinta da atmosfere sognanti come ne ” Il Favoloso Mondo di Amélie ” di Jeanne – Pierre Jeunet, che presto lasceranno il posto ad atmosfere più cupe.

    E proprio dal Diletto nasce il dramma. Non credo si possa parlare di scontro tra culture, piuttosto dell’eterna mondiale difficoltà delle Donne a poter vivere liberamente l’Amore od una passione, senza incastonarla necessariamente in un matrimonio. La via intermedia sarà il ” fiancée “, ossia il fidanzamento tanto eterno da corrompere il sentimento che ne è alla base. La ricca famiglia di Rinri, accoglie ed offre doni ad Amélie, ma in fondo non l’apprezza veramente, tanto che Amélie avverte un senso di soffocamento da spingerla ad una solitaria gita sul Monte Fuji, durante la quale rischierà la vita con tanto di visione- per la locale tradizione religiosa – di Jamanda, la strega  della morte che non riuscirà tuttavia a portarla con sé.

    Amélie torna rigenerata da questa sua avventura, tanto da proseguire il suo legame con Rinri, sempre sensibile ed accorto, eppure sottomesso agli standard familiari.

    Sarà un tragico terremoto occorso in Giappone nel periodo in cui è ambientato il film, a determinare un finale che è proprio quello che lo spettatore non si auspicherebbe. Nessuno dei due protagonisti muore. Ma muore ciò che è essenziale nel percorso terreno di ciascuno, catastrofi o meno. Non voglio raccontarvi altro…solo che si lascia la sala cinematografica con il cuore un pò gonfio, perchè l’Amore, il sentimento del Diletto o qualunque altra disposizione d’animo limitrofa, non sempre esce indenne dal terremoto dell’esistenza. Anzi, si disentegra proprio. Ma in fondo questo è un film belga nel miglior stile del dramma francese.

    Eccellenti gli attori che interpretano i protagonisti, cui auguriamo davvero una lunga e proficua carriera.

    Pauline Etienne nel ruolo di Amélie, già vista nel Film ” La Religiosa ” di Guillaume Nicloux – Suzanne Simonin.

    Interessante il look androgino con cui Liberski ha scelto di caratterizzarla. Con qualche abito anni 80 ed un paio di scarpe lacerate e vistosamente larghe alla Pippi Calzelunghe. Decisamente bella. Senza necessità d’orpelli. Espressiva.

    Taichi Inoue nel ruolo del ” fidanzato ” Rinri .

    Estremamente intenso nell’interpretazione del personaggio, il volto di Taichi è uno di quelli che ” spacca ” lo schermo. Maledettamente bello.

    Direi che con questo film vince la bellezza anticonformista.

    E’degna di nota anche la colonna sonora del jazzista belga Casimir Liberski, che oscilla dal piano al violoncello a sottintendere una tristezza di fondo, per l’appunto.

    Film da vedere sicuramente! Con il riso amaro nel cuore.

    ROMINA DE SIMONE

     

     

    Leggi l’articolo originale: TOKYO FIANCEE, PELLICOLA DELICATA CON UNA PERVASIVA SFUMATURA D’AMAREZZA

  • NORMA APRE FESTIVAL EURO MEDITERRANEO

    SIRACUSA. 8 GIU. Sarà il capolavoro di Vincenzo Bellini che il prossimo 4 luglio inaugurerà al Teatro Greco di Siracusa la seconda stagione lirica del Festival Euro Mediterraneo.

    Composta in meno di tre mesi, dall’inizio di settembre alla fine di novembre del 1831, in gran parte nella Villa Passalacqua di Moltrasio, NORMA fu data in prima assoluta al Teatro alla Scala di Milano il 26 dicembre dello stesso anno, inaugurando la stagione di Carnevale e Quaresima 1832.

    Quella sera l’opera, destinata a diventare la più popolare tra le dieci composte da Bellini, andò incontro ad un fiasco clamoroso, dovuto sia a circostanze legate all’esecuzione (l’indisposizione della primadonna, il soprano Giuditta Pasta, nonché la tensione psicologica degli altri membri del cast), che alla presenza di una claque avversa a Bellini e alla Pasta. Non di meno l’inconsueta severità della drammaturgia e l’assenza del momento più sontuoso, il concertato che tradizionalmente chiudeva il primo dei due atti, spiazzò il pubblico milanese.

    Il soggetto, tratto dalla tragedia di Alexandre Soumet Norma, ossia L’infanticidio, è ambientato nelle Gallie, al tempo dell’antica Roma, e presenta espliciti legami con il mito di Medea. Fedele a questa idea di classica sobrietà, Bellini adottò per Norma una tinta orchestrale particolarmente omogenea,

    relegando l’orchestra al ruolo di accompagnamento della voce.

    A firmare l’opera in scena al Teatro Greco sarà il regista e scenografo Enrico Castiglione, con i costumi di Sonia Cammarata. Sul podio Jacopo Sipari di Pescasseroli. Tre le repliche per l’opera sempre en plein air: 11, 18 e 25 luglio. 

    FRANCESCA CAMPONERO

    Leggi l’articolo originale: NORMA APRE FESTIVAL EURO MEDITERRANEO

  • LEVIATHAN, PELLICOLA SEVERA CHE CONFERMA L’ ECCELLENZA DEL CINEMA RUSSO

    GENOVA. 31. MAG. Nel panorama piuttosto appiattito del Cinema occidentale, europeo ed americano incluso, si insinua un piccolo capolavoro di un cineasta russo che mantiene alti i toni della propria poetica cinematografica.

     Si tratta di Andrej Zvjagincev, regista di Leviathan ( titolo originale ” Leviafan ), già noto per la realizzazione del film ” Il Ritorno “, ( Russia / 2003 ) con cui vinse il Leone d’Oro a Venezia e sul cui set, in uno dei laghi oggetto delle videoriprese, quasi in coerenza inesorabile con le proprie sceneggiature, perse la vita annegando l’attore sedicenne Vladimir Garin che qui cogliamo l’occasione per ricordare con rispettoso affetto.

    ” Leviathan “, della durata di 140 minuti, prodotto da La Non Stop Production, è cosceneggiato dal regista Zvjagincev insieme ad Oleg Negin e girato durante l’estate del 2013 tra la cittadina di Kirovsk ed il villaggio di Teriberka, entrambi ubicati nella penisola di Kola. Fotografia di Mikhail Krichman, musiche originali di Philip Glass. La pellicola ha vinto il Prix du Scénario al Festival di Cannes 2014 ed il Premio miglior film straniero al Golden Globe 2015.

    Eccellenti tutti gli attori : Aleksei Serebryakov ( nel ruolo di Nikolai ), Vladimir Vdovichenkov ( Dimitri ), Roman Madyanov (Vadim, il sindaco ), Elena Lyadova ( Lilya ), Anna Ukolova ( Angela ), Sergey Pokhodaev (Roman ), Aleksey Rozin ( Pasha ).

    La pellicola esordisce con diverse riprese naturali volte a caratterizzarne l’ambientazione.

    Paesaggio surreale contraddistinto da casette in legno sul Mare, di cui si ravvisa una forte presenza costante, come se il Mare fosse il ” Testimone Ultimo ” delle umane vicende.  Su una delle spiagge è presente il grosso scheletro di una balena se non del Leviatano stesso, il mostro biblico dall’effetto inesorabile, da cui il titolo del Film.

     Nel complesso riprese di qualità. Belle quelle in cui si riprendono gli attori riflessi negli specchi o nelle vetrine o si sfoca alternativamente l’uno o l’altro attore dando corpo più alla trama nell’insieme che ai singoli personaggi. Interessanti anche le inquadrature dal basso verso l’alto, quasi ad indicare la ricerca di una Risposta Superiore. Imperscrutabile, chiaramente.

    La storia in apparenza è semplice.

    Nikolai, per gli amici ” Kolja “, vive con la seconda moglie ed il figlio avuto dalla prima di cui è rimasto vedovo, in un villaggio sul Mare di Barents, Nord della Russia, lavorando nella propria officina come meccanico. E’amico di un paio di Agenti di Polizia, cui si rivolge con il termine di ” Compagno “, forte eredità del pregresso Comunismo.

    Vive in una grazioza -scarna casetta di legno in prossimità del mare, la cui ripresa rappresenta per l’appunto una presenza costante della pellicola in oggetto.

    Il Sindaco del luogo, Vadim, uomo corrotto, gli espropria casa e terre perchè quell’area gli è necessaria a far futtare i propri interessi.

    Kolia, con il supporto di Dimitri, per gli amici Dima, conosciuto ai tempi dell’esercito, ora diventato brillante Avvocato a Mosca, farà ricorso. Ma un ricorso presentato presso una Magistratura collusa con i poteri locali, non farà che spalancare le porte all’inferno o potremmo dire al Leviatano, al Mostro Marino che divora ogni Bene.

    D’altro canto, l’Avvocato è eccellente, uno di quelli che attraverso modi pacatamente diplomatici è convinto di cambiare il mondo, ma da buon umano, commetterà l’errore di innamorarsi di Lilya, la moglie di Kolja, lasciando emergere una punta di maschilismo in quest’ultimo che nello svolgimento della narrazione, gli sarà fatale. E comunque anche l’Avvocato sarà sconfitto da una corruzione troppo endemica.

     Di Lilya, donna delicata e sensibile, non è chiaro quale sia il  Vero Amore. Se sia rappresentato dal collerico e sventurato Kolja o da Dima, l’affascinante Avvocato, interpretato da un talentuosissimo Vdovichenkov, sopraggiunto da Mosca ad offrire una risposta sociale altra, sicuramente non violenta. Comunque  Lilya seguirà la ” Visione ” del Leviatano. Sofferente Roman, il figlio sedicenne di Kolja. La pellicola  in effetti tradisce un’ impostazione delle Leggi  in Russia molto rigorosa sui minori, in cui la ” Madre-Padre Stato ” interviene ( con l’orfanotrofio o la presa in carico del minore da parte di un tutore ), eppure carente, rivelandosi il ragazzo piuttosto abbandonato a se stesso.  Poi c’è il Vescovo Ortodosso, cui il signorotto locale si rivolge spesso per un consiglio spirituale. Il Vescovo è figura intermedia, da un lato rapito dal proprio sentimento religioso, da un altro sordo e cieco consapevolmente o meno alla corruzione del suo amico Vadim.

    Dal punto di vista analitico e’ un film che per tutta la sua stesura grammaticale costituisce una dura riflessione sull’annoso tema della ” Giustizia che a volte non è Giusta ” se non addirittura sulla palese ” Ingiustizia degli uomini “, dove si erge sempre a vincitore l’uomo di potere dal potere corrotto.

    Tuttavia nella seconda parte si fa strada un tipo di considerazione connaturata al Cinema Russo od a qualunque autore nato e cresciuto nelle terre dell’Ortodossia Cristiana; la riflessione sul Senso di Dio; la riflessione sul perchè, in qualità di esseri umani, siamo crivellati da soverchiante sofferenza, senza esserne in grado di comprenderne il motivo. Ed è proprio qui il Senso.

    D’altro canto qualcuno vi ha colto una sorta di ” Non Senso “, ma – a ben’guardare – il film suggerirebbe più il prender atto che il Senso risieda in un’accettazione dolorosa degli eventi e che la Giustizia, quella Vera, non sia attuabile in questo mondo, neanche attraverso l’intermediazione della Chiesa se intendiamo quest’ultima in qualità di Istituzione, ma in una Realtà Altra che al momento non conosceremo.

    In un climax di eventi drammatici, il finale è amaro. Avrà la meglio l’Ingiustizia Sociale. Kolja, verrà accusato e condannato per un omicidio che palesemente non ha commesso, con l’appoggio del potere esercitato dal Sindaco / Signorotto locale, il quale sarà ben’lieto di fargliela pagare per la pregressa legittima rivendicazione dei diritti sulla propria casa da parte di Kolja. L’applicazione di una Giustizia ingiusta ineluttabile. 

    Il Film si chiude con una lunga scena presso la Chiesa Ortodossa, dove il sindaco ammonisce il figlioletto di ricordarsi che Dio vede tutto, noncurante degli strati di corruzione sedimentati nella propria coscienza.

    Il Vescovo cita queste parole: ” La Verità è il Patrimonio di Dio. Ma possiede la Verità solo colui che possiede la Verità Ultima, che è Cristo Stesso…La libertà è nella Verità di Dio “.

     Nel Film sembra allora possedere  la Verità Ultima Kolja, che di certo perde persino la Libertà terrena andando in carcere per un crimine non commesso. I potenti del luogo vinceranno perchè non posseggono alcuna Verità o valore morale. A noi umani e giusti, non resta che lottare con il Leviatano che in effetti secondo la tradizione biblica fu creato da Dio stesso per ” saggiarci “, per attuare la ” persecuzione dell’innocente ” utilizzando una terminologia cattolica, il cui senso è solo nella Sapienza Divina.

    Le inquadrature di chiusura riprendono di nuovo il Mare, intensamente blu, che si infrange contro le scogliere.

    Film da piangere. Severo. A rammentarci che è molto difficile l’attuazione della Giustizia Giusta, ma che non per questo dobbiamo  arenarci e rinunciare a lottarvi.  Semmai il contrario. Sia pure a duro prezzo.

    Romina De Simone

     

     

    Leggi l’articolo originale: LEVIATHAN, PELLICOLA SEVERA CHE CONFERMA L’ ECCELLENZA DEL CINEMA RUSSO