Categoria: Cronaca

  • Ancora un salvataggio nel Canale di Sicilia: 2100 migranti

    Salvataggio oggi di 2100 migranti

    CATANIA. 24 GIU. Ancora 2.100 i migranti sono stati salvati oggi, durante 9 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale operativa della Guardia costiera a Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

    I migranti si trovavano a bordo di 3 barconi e 6 gommoni.

    Hanno preso parte ai soccorsi, unità della Marina Militare, di Eunavformed, di Frontex, e delle ONG MSF e MOAS. A termine delle operazioni di soccorso, tutti i migranti sono stati presi a bordo dell’unità Norvegese Siem Pilot, operante sotto il dispositivo Frontex, nonché dell’unità tedesca Frankfurt, operante nel dispositivo Eunavformed.

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  • La guardia costiera soccorre 5.000 migranti

    Soccorsi 5.000 migranti dalla guardia costiera oggi nel Canale di Sicilia

    CATANIA. 23 GIU. Sono circa 5.000 i migranti tratti in salvo oggi, nel corso di 43 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale operativa della guardia costiera a Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

    Si tratta di 40 gommoni, 2 barconi e 1 barchino.

    Nei soccorsi sono intervenute la nave Diciotti della Guardia costiera, unità della Marina Militare, di Eunavformed e ONG. I due barconi, avvistati da un velivolo della Guardia costiera del 2°nucleo aereo di Catania, sono stati soccorsi da tre motovedette della Guardia costiera di Reggio Calabria e da una nave mercantile dirottata dalla Centrale operativa.

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  • PAPA FRANCESCO RICEVE A ROMA PRESIDENTE KOSOVO HASHIM THACI

    ROMA 19 GIU. Grandi manovre diplomatico-politiche per il Vaticano interessato agli instabili Balcani del Sud. Ieri il Presidente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo, Hashim Thaci, è stato ricevuto da Papa Francesco per un colloquio di mezz’ora nel Palazzo Apostolico di Santa Romana Chiesa. Lunedi 11 luglio prossimo tocca al Presidente serbo Nicolic.

    Il Vaticano non ha ancora riconosciuto lo Stato kosovaro, che si è auto dichiarato indipendente dalla Serbia nel febbraio 2008, regione multietnica a maggioranza albanofona dove peraltro si trovano molti monasteri ortodossi serbi

    A dare notizia dell’udienza è stata ieri la stessa presidenza kosovara. Si è trattato di una “[…]udienza di carattere privato[…]”, ha detto il portavoce vaticano, Padre Federico Lombardi, interpellato per un commento.

    Il presidente del Kosovo Thaci, di etnia religiosa musulmana, si è detto “onorato” dell’udienza, in un messaggio pubblicato ieri sul suo account Twitter in inglese, dove ha diffuso anche una istantanea dell’incontro (in foto). “Discussione profonda e sincera sul Kosovo, l’Europa e i nostri valori condivisi” – ha scritto il primo inquilino di Pristina. Dopo l’udienza papale, il leader kosovaro è stato ricevuto dal segretario per le Relazioni Esterne della Santa Sede, Monsignor Paul Richard Gallagher (il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano per gli Affari Esteri si trova in questi giorni in Ucraina).

    Hashim Thaci “[…]ha invitato il Santo Padre a visitare il Kosovo nel prossimo futuro ed ha espresso il suo desiderio che la Santa Sede riconosca lo Stato del Kosovo alla prima opportunità” , -si legge in una nota diffusa anche in inglese dalla presidenza kosovara. In una intervista alla RTK la tv pubblica Radiotelevizioni i Kosovës, il presidente ha affermato: “Il Vaticano ci ha accolti oggi come Presidente della Repubblica del Kosovo e ciò accade solo a livello bilaterale, il livello più alto. Non è il primo incontro a questo livello. Credo che il Vaticano prenderà ufficialmente la decisione di riconoscere il Kosovo nel prossimo futuro. Quindi voglio credere che l’incontro con il Cardinale (Monsignor Gallagher, n.d.r.) sia servito ad accelerare la prospettiva che porti al riconoscimento del Kosovo da parte del Vaticano”.

    Nella nota diffusa da Pristina si legge, ancora, che Thaci – “[…]ha riferito al Santo Padre sulle questioni interne ed estere del Kosovo come Stato, capace di voltare la pagina della parte amara della sua storia, e ora incamminato verso un futuro pacifico, stabile, prospero per i propri cittadini e per l’intera regione. Nel corso dell’incontro con il Papa, il Presidente Thaci ha detto che il Kosovo è un esempio nella regione e al di là di essa per la tolleranza e la coesistenza tra popoli di diverse religioni e etnie”. Il Presidente Thaci “[…]ha anche espresso la sua felicità per la canonizzazione a settembre di Madre Teresa”, la Beata in procinto di santificazione nata in territorio kosovaro, «sottolineando che Madre Teresa impersona i valori universali”.

    Il 17 febbraio scorso, il Kosovo (almeno la sua larga maggioranza albanese kosovara) ha celebrato i suoi primi otto anni della autoproclamata indipendenza: un atto unilaterale che lo ha reso uno Stato se non de iure almeno de facto, nel contesto di una comunità internazionale che ancora non lo riconosce e all’interno della quale ancora si studiano e si avanzano proposte e progetti per una soluzione della crisi, culminata negli anni 1999-2000 con l’attacco armato della Nato all’esercito serbo che allora era impegnato severamente contro le milizie dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, ben foraggiate di armi, logistica e rifornimenti da Washington per dare la mazzata finale all’allora Presidente Jugoslavo Slobodan Mlosevic e al suo “cerchio magico” reduce da tutte le precedenti guerre parallele balcaniche dal 1991 (conflitto serbo-croato, disfacimento disastroso e sanguinoso della trietnica Bosnia) guerriglia in Kosovo del 1998-1999 appunto.

    Di lì a poco più di una settimana, lo scorso 26 febbraio, ecco l’indizione di elezioni presidenziali dagli svolgimenti quantomeno fantomatici e così il Kosovo, a poco più di un mese dalle consultazioni politiche di Belgrado, ha anche un nuovo presidente. Non a caso – la Cia ha organizzato tutto per bene –  ne è uscito Hashim Thaçi, che, al terzo scrutinio è stato eletto da 81 deputati (presenti e votanti) con 71 voti a proprio favore. Può essere significativo il fatto che i restanti 10 voti siano risultati nulli, o comunque non validi, mentre l’altro candidato alla presidenza, Rafet Rama, deputato del PDK, vale a dire appartenente allo stesso partito politico di Thaçi e del quale Thaçi stesso è leader indiscusso, non ha ricevuto alcun voto, nemmeno il proprio…e questo dice tutto.

    Tuttavia, a dispetto del risultato del voto e delle stesse modalità elettorali, si tratta di una elezione non di poco conto: intanto perché rappresenta un “cambio di marcia” significativo negli equilibri rappresentati alla presidenza, con il passaggio da una figura scialba e sbiadita, tuttavia gradita alla comunità internazionale e soprattutto agli Stati Uniti – vero e proprio “dominus” della scena politica kosovara – come quella della ex Presidentessa Atifete Jahjaga; e poi perché costituisce un vero e proprio “coronamento” della carriera politica di Hashim Thaçi, vero e proprio “uomo forte” del Kosovo di oggi, con un passato di “pensatore” burattino e burattinaio al contempo della guerriglia separatista albanese kosovara dell’UCK.

    È vero che l’elezione di Thaçi poteva sembrare più che scontata: il Kosovo è oggi governato da una specie di “grande coalizione” tra i due partiti eredi delle due ali politiche maggiori della guerriglia separatista degli anni Novanta, il PDK (il partito di Thaçi stesso, il Partito Democratico del Kosovo) e l’LDK (il partito che fu dello scomparso “ghandiano” Hibrahim Rugova, la Lega Democratica del Kosovo); la presidenza del governo è attualmente espressa dall’LDK, con la figura del Premier Isa Mustafa; il patto non scritto prevedeva, in tale sorta di staffetta istituzionale, che Thaçi fosse appunto candidato “naturale” alla presidenza.

    Al punto che non è sfuggito ad alcuni osservatori ed analisti, non solo il fatto che l’LDK non abbia inteso candidare nessuno alla presidenza, ma che anche l’altro candidato, espressione dello stesso PDK come detto, non abbia avuto nemmeno un voto, nemmeno il proprio, e sia stato quindi, di fatto, più un candidato “formale” che un competitor reale, in modo da rendere legittima l’elezione.

    In Kosovo, però, nulla è mai scontato come potrebbe sembrare: le opposizioni ultra-nazionaliste (in particolare i due movimenti politici della AAK, l’Alleanza per il Futuro del Kosovo, del’ex capo guerrigliero – passato anche per gli scranni del Tribunale Penale dell’Aja per presunti crimini di guerra ma alla fine assolto – Ramush Haradinaj (in foto) e “Vetevendosje”, ovvero Autodeterminazione, di Albin Kurti) continuano a boicottare le votazioni e i lavori parlamentari. In tale scacchiere bollente l’elezione di Thaçi alla presidenza si è svolta in un clima da “guerra civile”, con scontri violenti nelle strade di Pristina; il diffuso malumore, sia di carattere politico, sia a livello sociale, rischia di tracimare in violenza diffusa e mette in bilico le chances di sviluppo e convivenza.

    L’accordo di normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina (siglato il 19 aprile 2013 e aggiornato il 25 agosto 2015, n.d.r.) impone difficili rinunce e delicate mediazioni ad ambo le parti: da parte kosovara, viene riconosciuta (sebbene sia sistematicamente ostacolata) la costituzione della cosiddetta “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, dotata di una autonomia speciale, nel quadro costituzionale kosovaro, specie nei campi dell’economia locale, sviluppo e infrastrutture, scuola e sanità; da parte serba, viene riconosciuto lo status quo, che non impone (a meno di forzature da Bruxelles o Washington) il riconoscimento del Kosovo, ma non ne può impedire l’adesione ai consessi internazionali. Peraltro resta, in punta di diritto, in vigore la nota risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244 del 1999, ovvero fuori le armate serbe dalla regione e stabilizzazione con il doppio canale militare, con le forze Nato – tra cui circa 4000 soldati italiani a cui è stato assegnato il polo West-Pec o Peje – e civile con l’amministrazione UNMIK, United Nations Mission in Kosovo.

    La sfida è l’incertezza, dal momento che si tratta, per tanti motivi, di una regione in bilico, sia in termini sociali, sia in termini istituzionali: i cittadini kosovari soffrono per le condizioni materiali di esistenza, subiscono una disoccupazione galoppante e una povertà diffusa, e patiscono i termini di una serie di limitazioni istituzionali. Lo dimostra il fatto che, ad esempio, i cittadini kosovari siano praticamente gli unici in Europa che ancora devono richiedere un visto per recarsi in area Schengen.

    Marcello Di Meglio

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  • Papa Francesco riceve a Roma presidente Kosovo Hashim Thaci

    ROMA 19 GIU. Grandi manovre diplomatico-politiche per il Vaticano interessato agli instabili Balcani del Sud. Ieri il Presidente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo, Hashim Thaci, è stato ricevuto da Papa Francesco per un colloquio di mezz’ora nel Palazzo Apostolico di Santa Romana Chiesa. Lunedi 11 luglio prossimo tocca al Presidente serbo Nicolic.

    Il Vaticano non ha ancora riconosciuto lo Stato kosovaro, che si è auto dichiarato indipendente dalla Serbia nel febbraio 2008, regione multietnica a maggioranza albanofona dove peraltro si trovano molti monasteri ortodossi serbi

    A dare notizia dell’udienza è stata ieri la stessa presidenza kosovara. Si è trattato di una “[…]udienza di carattere privato[…]”, ha detto il portavoce vaticano, Padre Federico Lombardi, interpellato per un commento.

    Il presidente del Kosovo Thaci, di etnia religiosa musulmana, si è detto “onorato” dell’udienza, in un messaggio pubblicato ieri sul suo account Twitter in inglese, dove ha diffuso anche una istantanea dell’incontro (in foto). “Discussione profonda e sincera sul Kosovo, l’Europa e i nostri valori condivisi” – ha scritto il primo inquilino di Pristina. Dopo l’udienza papale, il leader kosovaro è stato ricevuto dal segretario per le Relazioni Esterne della Santa Sede, Monsignor Paul Richard Gallagher (il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano per gli Affari Esteri si trova in questi giorni in Ucraina).

    Hashim Thaci “[…]ha invitato il Santo Padre a visitare il Kosovo nel prossimo futuro ed ha espresso il suo desiderio che la Santa Sede riconosca lo Stato del Kosovo alla prima opportunità” , -si legge in una nota diffusa anche in inglese dalla presidenza kosovara. In una intervista alla RTK la tv pubblica Radiotelevizioni i Kosovës, il presidente ha affermato: “Il Vaticano ci ha accolti oggi come Presidente della Repubblica del Kosovo e ciò accade solo a livello bilaterale, il livello più alto. Non è il primo incontro a questo livello. Credo che il Vaticano prenderà ufficialmente la decisione di riconoscere il Kosovo nel prossimo futuro. Quindi voglio credere che l’incontro con il Cardinale (Monsignor Gallagher, n.d.r.) sia servito ad accelerare la prospettiva che porti al riconoscimento del Kosovo da parte del Vaticano”.

    Nella nota diffusa da Pristina si legge, ancora, che Thaci – “[…]ha riferito al Santo Padre sulle questioni interne ed estere del Kosovo come Stato, capace di voltare la pagina della parte amara della sua storia, e ora incamminato verso un futuro pacifico, stabile, prospero per i propri cittadini e per l’intera regione. Nel corso dell’incontro con il Papa, il Presidente Thaci ha detto che il Kosovo è un esempio nella regione e al di là di essa per la tolleranza e la coesistenza tra popoli di diverse religioni e etnie”. Il Presidente Thaci “[…]ha anche espresso la sua felicità per la canonizzazione a settembre di Madre Teresa”, la Beata in procinto di santificazione nata in territorio kosovaro, «sottolineando che Madre Teresa impersona i valori universali”.

    Il 17 febbraio scorso, il Kosovo (almeno la sua larga maggioranza albanese kosovara) ha celebrato i suoi primi otto anni della autoproclamata indipendenza: un atto unilaterale che lo ha reso uno Stato se non de iure almeno de facto, nel contesto di una comunità internazionale che ancora non lo riconosce e all’interno della quale ancora si studiano e si avanzano proposte e progetti per una soluzione della crisi, culminata negli anni 1999-2000 con l’attacco armato della Nato all’esercito serbo che allora era impegnato severamente contro le milizie dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, ben foraggiate di armi, logistica e rifornimenti da Washington per dare la mazzata finale all’allora Presidente Jugoslavo Slobodan Mlosevic e al suo “cerchio magico” reduce da tutte le precedenti guerre parallele balcaniche dal 1991 (conflitto serbo-croato, disfacimento disastroso e sanguinoso della trietnica Bosnia) guerriglia in Kosovo del 1998-1999 appunto.

    Di lì a poco più di una settimana, lo scorso 26 febbraio, ecco l’indizione di elezioni presidenziali dagli svolgimenti quantomeno fantomatici e così il Kosovo, a poco più di un mese dalle consultazioni politiche di Belgrado, ha anche un nuovo presidente. Non a caso – la Cia ha organizzato tutto per bene –  ne è uscito Hashim Thaçi, che, al terzo scrutinio è stato eletto da 81 deputati (presenti e votanti) con 71 voti a proprio favore. Può essere significativo il fatto che i restanti 10 voti siano risultati nulli, o comunque non validi, mentre l’altro candidato alla presidenza, Rafet Rama, deputato del PDK, vale a dire appartenente allo stesso partito politico di Thaçi e del quale Thaçi stesso è leader indiscusso, non ha ricevuto alcun voto, nemmeno il proprio…e questo dice tutto.

    Tuttavia, a dispetto del risultato del voto e delle stesse modalità elettorali, si tratta di una elezione non di poco conto: intanto perché rappresenta un “cambio di marcia” significativo negli equilibri rappresentati alla presidenza, con il passaggio da una figura scialba e sbiadita, tuttavia gradita alla comunità internazionale e soprattutto agli Stati Uniti – vero e proprio “dominus” della scena politica kosovara – come quella della ex Presidentessa Atifete Jahjaga; e poi perché costituisce un vero e proprio “coronamento” della carriera politica di Hashim Thaçi, vero e proprio “uomo forte” del Kosovo di oggi, con un passato di “pensatore” burattino e burattinaio al contempo della guerriglia separatista albanese kosovara dell’UCK.

    È vero che l’elezione di Thaçi poteva sembrare più che scontata: il Kosovo è oggi governato da una specie di “grande coalizione” tra i due partiti eredi delle due ali politiche maggiori della guerriglia separatista degli anni Novanta, il PDK (il partito di Thaçi stesso, il Partito Democratico del Kosovo) e l’LDK (il partito che fu dello scomparso “ghandiano” Hibrahim Rugova, la Lega Democratica del Kosovo); la presidenza del governo è attualmente espressa dall’LDK, con la figura del Premier Isa Mustafa; il patto non scritto prevedeva, in tale sorta di staffetta istituzionale, che Thaçi fosse appunto candidato “naturale” alla presidenza.

    Al punto che non è sfuggito ad alcuni osservatori ed analisti, non solo il fatto che l’LDK non abbia inteso candidare nessuno alla presidenza, ma che anche l’altro candidato, espressione dello stesso PDK come detto, non abbia avuto nemmeno un voto, nemmeno il proprio, e sia stato quindi, di fatto, più un candidato “formale” che un competitor reale, in modo da rendere legittima l’elezione.

    In Kosovo, però, nulla è mai scontato come potrebbe sembrare: le opposizioni ultra-nazionaliste (in particolare i due movimenti politici della AAK, l’Alleanza per il Futuro del Kosovo, del’ex capo guerrigliero – passato anche per gli scranni del Tribunale Penale dell’Aja per presunti crimini di guerra ma alla fine assolto – Ramush Haradinaj (in foto) e “Vetevendosje”, ovvero Autodeterminazione, di Albin Kurti) continuano a boicottare le votazioni e i lavori parlamentari. In tale scacchiere bollente l’elezione di Thaçi alla presidenza si è svolta in un clima da “guerra civile”, con scontri violenti nelle strade di Pristina; il diffuso malumore, sia di carattere politico, sia a livello sociale, rischia di tracimare in violenza diffusa e mette in bilico le chances di sviluppo e convivenza.

    L’accordo di normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina (siglato il 19 aprile 2013 e aggiornato il 25 agosto 2015, n.d.r.) impone difficili rinunce e delicate mediazioni ad ambo le parti: da parte kosovara, viene riconosciuta (sebbene sia sistematicamente ostacolata) la costituzione della cosiddetta “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, dotata di una autonomia speciale, nel quadro costituzionale kosovaro, specie nei campi dell’economia locale, sviluppo e infrastrutture, scuola e sanità; da parte serba, viene riconosciuto lo status quo, che non impone (a meno di forzature da Bruxelles o Washington) il riconoscimento del Kosovo, ma non ne può impedire l’adesione ai consessi internazionali. Peraltro resta, in punta di diritto, in vigore la nota risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244 del 1999, ovvero fuori le armate serbe dalla regione e stabilizzazione con il doppio canale militare, con le forze Nato – tra cui circa 4000 soldati italiani a cui è stato assegnato il polo West-Pec o Peje – e civile con l’amministrazione UNMIK, United Nations Mission in Kosovo.

    La sfida è l’incertezza, dal momento che si tratta, per tanti motivi, di una regione in bilico, sia in termini sociali, sia in termini istituzionali: i cittadini kosovari soffrono per le condizioni materiali di esistenza, subiscono una disoccupazione galoppante e una povertà diffusa, e patiscono i termini di una serie di limitazioni istituzionali. Lo dimostra il fatto che, ad esempio, i cittadini kosovari siano praticamente gli unici in Europa che ancora devono richiedere un visto per recarsi in area Schengen.

    Marcello Di Meglio

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  • Vigili del fuoco Usb, oggi è sciopero nazionale

    Oggi sciopero nazionale dei vigili del fuoco Usb

    GENOVA. 11 GIU. Usb, Unione Sindacale di Base Pubblico Impiego dei Vigili del Fuoco ha dichiarato lo sciopero nazionale per oggi, sabato 11 giugno.

    I vigili del fuoco di Usb del settore operativo incroceranno le braccia dalle ore 09.00 alle 13.00; quello amministrativo e informatico per l’intera giornata. Verranno garantiti solo i servizi di emergenza.

    Lo sciopero è indetto contro il blocco dei contratti nazionali e contro la riforma del sistema pensionistico, che non riconosce ai Vigili del Fuoco la categoria di lavoro particolarmente usurante; contro la precarizzazione del dispositivo di soccorso, che unito all’investimento di risorse su nuovi distaccamenti volontari crea il “soccorso part time”; per un piano di assunzioni strutturali finalizzato a risolvere il problema del precariato.

    “USB – si legge in una nota sindacale – vuole l’apertura del contratto di lavoro e l’assunzione dei precari, punti estremamente importanti per poter far fronte allo stato attuale di degrado del corpo nazionale. Il riordino, firmato da tutti escluso USB, ha di fatto massacrato la macchina del soccorso rendendoci schiavi della produttività. Mancano unità, mezzi, attrezzature. I lavoratori del corpo nazionale non sono riconosciuti come categoria particolarmente ed altamente usurante, non godono di quelle rassicurazioni normative che solidificano le economie stabili.

    Siamo sotto la scure del recupero crediti da parte di una amministrazione che in base ad una interpretazione dell’avvocatura di stato, parere richiesto direttamente dalla direzione centrale delle risorse economiche e finanziarie, impone che tutte le voci (anche contrattuali, quindi l’indennità di rischio) che sono contenute dentro la parola “indennità” devono essere valutate dall’amministrazione ed in caso “non erogate” ai lavoratori. L’applicazione di tale condizione è possibile per l’amministrazione con retroattività di 10 ANNI.

    Come USB stiamo contrastando in solitudine questo fenomeno con denunce e vertenze contro l’amministrazione in difesa di tutta la categoria. Siamo ancora in attesa che l’amministrazione ci fornisca la documentazione per poterla divulgare ai lavoratori. Ci dispiace dover notare come il dipartimento (il capo per la fattispecie) non voglia rendere i lavoratori a conoscenza di questa scellerata manovra di recupero crediti verso i lavoratori.

    L’11 GIUGNO, USB, sarà in sciopero nazionale per difendere il diritto di tutti al contratto di lavoro e alle economie stabili. Vogliamo una giusta costruzione del diritto di tutti i lavoratori del corpo nazionale. Basta legge 252 e pseudo riforme, a ribasso, dei decreti legislativi 217 e 139. Adesso è tempo di riprenderci i nostri diritti e i nostri arretrati.

    600€ di aumento subito (per i due contratti già scaduti) con relativi arretrati e apertura del terzo contratto in corso per fissare un ulteriore aumento sostanziale delle nostre economie e diritti”.

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  • Autostrade, sciopero domenica e lunedì. Possibili disagi ai caselli

    Sciopero di quattro ore a turno dei casellanti. Possibili disagi

    ROMA. 5 GIU. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei caselli autostradali hanno indetto una protesta di quattro ore per turno per domenica mattina e lunedì sera per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale, scaduto da cinque mesi.

    In funzione ci saranno solo le casse automatiche e il telepass.

    Secondo do Autostrade per l’Italia potranno verificarsi disagi e code presso su tutta la rete i caselli domenica dalle ore 10.00 alle 14.00 e dalle 18.00 alle 2.00 di lunedì 6 giugno. La protesta riguarda il personale ai caselli e interesserà solo i varchi con pagamento manuale che potranno essere chiusi.

    La situazione del traffico sulle autostrade: https://www.autostrade.it/autostrade-gis/gis.do

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  • Il 3 giugno del 2009 moriva David Carradine

    David Carradine

    BANGKOK. 3 GIU. Era il 3 giugno del 2009 quando a Bangkok mentre stava girando un film è morto in circostanze misteriose, a 73 anni, l’attore David Carradine.

    Il suo corpo è stato trovato nella Suite Room numero 352 del Park Nai Lert Hotel, in Wireless Road, impiccato con il cordone di una tenda.

    John Arthur Carradine, noto nel mondo del cinema come David Carradine nasce a Hollywood il giorno 8 dicembre 1936.

    Tra le numerose interpretazioni ricordiamo il personaggio di “Big” Bill Shelly nel film “America 1929 – Sterminateli senza pietà” (1972, di Martin Scorsese), il cantante folk Woody Guthrie in “Questa terra è la mia terra” (1976), il personaggio di Abel Rosenberg ne “L’uovo del serpente” (1977, di Ingmar Bergman). E la serie “Kung Fu” in cui intepretava un monaco Shaolin assetato di giustizia.

    Per i più giovani indimenticabile è invece il personaggio di Bill, oggetto dei due titoli-capolavori di Quentin Tarantino “Kill Bill vol. 1” (2003) e “Kill Bill vol. 2” (2004).

    Sua la frase celebre: “Non ho bisogno di convincere nessuno che conosco il kung fu, ma forse qualcuno ha bisogno di sapere che so recitare senza un accento cinese o una strana camminata”.

     

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  • Concordia, confermata condanna a 16 anni per Schettino

    La Costa Concordia naufragata all’ Isola del Giglio

    FIRENZE. 31 MAG. E’ stata confermata la condanna a 16 anni di reclusione a Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia naufragata contro alcuni scogli dell’Isola del Giglio. A deciderlo stasera la corte d’appello di Firenze.

    A Firenze – rispetto all’aula di Grosseto – si sono sentite più nette le critiche della difesa agli ufficiali della nave, che non lo avrebbero supportato adeguatamente in plancia, tra cui Ciro Ambrosio, Silvia Coronica, il cartografo Simone Canessa.

    La difesa ha provato a rimarcare anche la conseguenza sull’incidente dell’errore del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin e ha cercato di tirare in ballo la compagnia.

    Tutti temi che però nella valutazione del pubblico ministero non rilevano, non hanno caratteristiche di novità tali da far rivedere il giudizio.

    L’accusa ha mantenuto la sua linea ferma contro Schettino, ha sottolineato il disonore per la marina italiana riguardo all’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone a bordo, ha ribadito che non ci sono state parole di scusa o di pentimento.

    Il pg Giancarlo Ferrucci, ha chiesto 27 anni di condanna, ha riproposto l’aggravante della ‘colpa cosciente’; mentre il pm Alessandro Leopizzi di Grosseto, ha detto che “la colpa fu anche di altri” che hanno già patteggiato, “ma questo,non cancella le colpe di Schettino”.

    Nel mentre Schettino non ha assistito a nessuna udienza di Firenze mantenendo sempre, così, un profilo basso. (nella foto: la Costa Concordia naufragata all’ Isola del Giglio e appoggiata sul lato destro. Il naufragio avvenì venerdì 13 gennaio 2012 alle 21:45:05 nelle acque dell’Isola del Giglio quando la nave urtò uno scoglio riportando l’apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato sinistro dell’opera viva. L’impatto provocò un forte sbandamento e un arenamento sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto, seguito dal parziale affondamento della nave. L’incidente provocò 32 morti tra i passeggeri e l’equipaggio della Costa Concordia; ai quali seguì la morte di un sommozzatore mentre era intento a collaborare nei lavori di rimozione del relitto).

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  • Cincinnati, bimbo cade nella gabbia del gorilla che viene abbattuto

    Il bambino nella gabbia del gorilla di Cincinnati

    CINCINNATI. 31 MAG. Un bambino di quattro anni è caduto nella gabbia di un gorilla, nello zoo di Cincinnati, in Ohio, il tutto sotto gli occhi terrorizzati dei genitori.

    Si tratta del gorilla di pianura, Harambe, 17 anni ed appartenente ad una specie a rischio d’estinzione. Harambe ha visto il bambino cadere gli si è avvicinato e lo ha tirato per i pantaloncini mettendolo in piedi, il tutto fra le urla dei genitori del bimbo e dei visitatori dello zoo.

    Per salvare il bambino il direttore dello zoo ha poi preso la decisione di sopprimere il gorilla.

    “E’ stata valutata come una situazione pericolosa, con il bambino in pericolo di vita”, ha detto Thane Maynard, direttore delle zoo.

    “E’ un giorno triste – prosegue Maynard – La decisione giusta è stata presa, è stata una decisione difficile. Abbiamo protocolli e procedure da seguire in situazioni di emergenza, ma non abbiamo mai avuto un caso come questo nel nostro zoo, con un animale pericoloso che deve essere ucciso per emergenza”…. “Abbiamo deciso di sparare invece di usare tranquillanti perché in una situazione di tensione ci sarebbe voluto troppo tempo prima che i farmaci avessero avuto effetto”.

    Il video dell’incidente mostra attimi di panico, di urla di genitori e dei visitatori dello zoo. Lo zoo è stato chiuso dopo l’incidente e dovrebbe riaprire nelle prossime ore.

    E sul web, soprattutto sui social network, è esplosa la polemica e la rabbia con gli internauti che hanno mosse accuse pesanti sia al direttore che ha compiuto un “atto che poteva essere evitato”, sia ai “genitori sprovveduti che hanno lasciato cadere il loro bimbo di quattro anni dentro la gabbia” ed, ancora, contro lo zoo definito una “prigione con un detenuto innocente” e a favore del gorilla “Tu non hai fatto nulla al cucciolo umano, ti sei fermato, lo hai guardato, non avevi nessuna intenzione di aggredirlo. Lo giravi con delicatezza, afferrandolo per i pantaloncini, e poi lo hai portato al riparo dalle urla degli esseri umani”. “Muori da innocente dentro una prigione di Cincinnati”. “La tua specie non avrebbe mai lasciato cadere un cucciolo…”

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  • Sbranata a 46 anni da un coccodrillo in Australia

    Sbranata da un coccodrillo in Australia

    QUEENSLAN – AUSTRALIA. 30 MAG. E’ successo in Australia: ieri sera una donna di 46 anni è stata attaccata e trascinata via da un coccodrillo nel parco nazionale di Daintree, mentre faceva il bagno nell’acqua bassa insieme ad un’amica presso la foce di un fiume. La sua amica, di 47 anni, ha tentato invano di salvarla dalle zanne del rettile, ma è stato tutto inutile.  Ha dato subito l’allarme in un vicino negozio, ed attualmente è ricoverata in ospedale in stato di shock con una ferita al braccio causata da un colpo di coda dell’animale.

    Continuano le ricerche della vittima con imbarcazioni e un elicottero attrezzato con apparecchiature di termografia, ma il deputato locale Warren Entsch ha giustamente fatto presente che la donna ha ignorato i cartelli di allerta. Ora si temono ritorsioni contro i coccodrilli il che non sarebbe giusto.

    “Questa è una tragedia, ma era evitabile. Non si può legiferare contro la stupidità umana. Vi sono cartelli di avvertimento dappertutto”, ha detto Entsch. L’attacco è avvenuto non lontano da dove un bambino di 5 anni è stato ucciso da un coccodrillo di oltre 4 metri nel 2009 e dal luogo in cui una donna di 43 anni ha subito la stessa sorte mentre nuotava in un ruscello nel 1985. Chissà perchè a qualcuno piace con leggerezza sfidare il peggio.

    FRANCESCA CAMPONERO

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