Categoria: Cronaca Italia

  • Ernesto Fazzalari, n.2 fra i ricercati, arrestato dai CC a Taurianova

    Ernesto Fazzalari è stato arrestato dai carabinieri a Taurianova

    REGGIO CALABRIA. 26 GIU. Ernesto Fazzalari, 46 anni, una condanna all’ergastolo per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio, porto e detenzione illegale di armi ed altro.

    “L’uomo – spiegano i Carabinieri – è il secondo ricercato per importanza e pericolosità dopo Matteo Messina Denaro”.

    Latitante da 20 anni, Fazzalari è stato bloccato a Taurianova all’interno di un’abitazione in un complesso di caseggiati. Ad individuarlo sono stati i carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, con la collaborazione del Gruppo Intervento Speciale (Gis) e dello Squadrone Cacciatori Calabria. L’arresto è stato fatto a conclusione di articolata attività d’indagine coordinata dalla Dda di Reggio Calabria.

    Fazzalari è stato sorpreso nel sonno dai militari nell’abitazione che utilizzava come covo nella zona di Taurianova. L’uomo non ha opposto resistenza e subito dopo l’irruzione dei militari del Gis ha fornito le proprie generalità lasciandosi ammanettare.

    Nel corso della successiva perquisizione i carabinieri hanno trovato una pistola, con relativo munizionamento, che Fazzalari non ha avuto il tempo di utilizzare.

    Nella casa, insieme al latitante, era presente anche una donna di 41 anni che è stata arrestata con l’accusa di procurata inosservanza di pena e concorso in detenzione di arma comune da sparo e ricettazione.

    Internet: https://eumostwanted.eu/#/fazzalari-ernesto

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  • Ancora un salvataggio nel Canale di Sicilia: 2100 migranti

    Salvataggio oggi di 2100 migranti

    CATANIA. 24 GIU. Ancora 2.100 i migranti sono stati salvati oggi, durante 9 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale operativa della Guardia costiera a Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

    I migranti si trovavano a bordo di 3 barconi e 6 gommoni.

    Hanno preso parte ai soccorsi, unità della Marina Militare, di Eunavformed, di Frontex, e delle ONG MSF e MOAS. A termine delle operazioni di soccorso, tutti i migranti sono stati presi a bordo dell’unità Norvegese Siem Pilot, operante sotto il dispositivo Frontex, nonché dell’unità tedesca Frankfurt, operante nel dispositivo Eunavformed.

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  • La guardia costiera soccorre 5.000 migranti

    Soccorsi 5.000 migranti dalla guardia costiera oggi nel Canale di Sicilia

    CATANIA. 23 GIU. Sono circa 5.000 i migranti tratti in salvo oggi, nel corso di 43 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale operativa della guardia costiera a Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

    Si tratta di 40 gommoni, 2 barconi e 1 barchino.

    Nei soccorsi sono intervenute la nave Diciotti della Guardia costiera, unità della Marina Militare, di Eunavformed e ONG. I due barconi, avvistati da un velivolo della Guardia costiera del 2°nucleo aereo di Catania, sono stati soccorsi da tre motovedette della Guardia costiera di Reggio Calabria e da una nave mercantile dirottata dalla Centrale operativa.

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  • PAPA FRANCESCO RICEVE A ROMA PRESIDENTE KOSOVO HASHIM THACI

    ROMA 19 GIU. Grandi manovre diplomatico-politiche per il Vaticano interessato agli instabili Balcani del Sud. Ieri il Presidente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo, Hashim Thaci, è stato ricevuto da Papa Francesco per un colloquio di mezz’ora nel Palazzo Apostolico di Santa Romana Chiesa. Lunedi 11 luglio prossimo tocca al Presidente serbo Nicolic.

    Il Vaticano non ha ancora riconosciuto lo Stato kosovaro, che si è auto dichiarato indipendente dalla Serbia nel febbraio 2008, regione multietnica a maggioranza albanofona dove peraltro si trovano molti monasteri ortodossi serbi

    A dare notizia dell’udienza è stata ieri la stessa presidenza kosovara. Si è trattato di una “[…]udienza di carattere privato[…]”, ha detto il portavoce vaticano, Padre Federico Lombardi, interpellato per un commento.

    Il presidente del Kosovo Thaci, di etnia religiosa musulmana, si è detto “onorato” dell’udienza, in un messaggio pubblicato ieri sul suo account Twitter in inglese, dove ha diffuso anche una istantanea dell’incontro (in foto). “Discussione profonda e sincera sul Kosovo, l’Europa e i nostri valori condivisi” – ha scritto il primo inquilino di Pristina. Dopo l’udienza papale, il leader kosovaro è stato ricevuto dal segretario per le Relazioni Esterne della Santa Sede, Monsignor Paul Richard Gallagher (il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano per gli Affari Esteri si trova in questi giorni in Ucraina).

    Hashim Thaci “[…]ha invitato il Santo Padre a visitare il Kosovo nel prossimo futuro ed ha espresso il suo desiderio che la Santa Sede riconosca lo Stato del Kosovo alla prima opportunità” , -si legge in una nota diffusa anche in inglese dalla presidenza kosovara. In una intervista alla RTK la tv pubblica Radiotelevizioni i Kosovës, il presidente ha affermato: “Il Vaticano ci ha accolti oggi come Presidente della Repubblica del Kosovo e ciò accade solo a livello bilaterale, il livello più alto. Non è il primo incontro a questo livello. Credo che il Vaticano prenderà ufficialmente la decisione di riconoscere il Kosovo nel prossimo futuro. Quindi voglio credere che l’incontro con il Cardinale (Monsignor Gallagher, n.d.r.) sia servito ad accelerare la prospettiva che porti al riconoscimento del Kosovo da parte del Vaticano”.

    Nella nota diffusa da Pristina si legge, ancora, che Thaci – “[…]ha riferito al Santo Padre sulle questioni interne ed estere del Kosovo come Stato, capace di voltare la pagina della parte amara della sua storia, e ora incamminato verso un futuro pacifico, stabile, prospero per i propri cittadini e per l’intera regione. Nel corso dell’incontro con il Papa, il Presidente Thaci ha detto che il Kosovo è un esempio nella regione e al di là di essa per la tolleranza e la coesistenza tra popoli di diverse religioni e etnie”. Il Presidente Thaci “[…]ha anche espresso la sua felicità per la canonizzazione a settembre di Madre Teresa”, la Beata in procinto di santificazione nata in territorio kosovaro, «sottolineando che Madre Teresa impersona i valori universali”.

    Il 17 febbraio scorso, il Kosovo (almeno la sua larga maggioranza albanese kosovara) ha celebrato i suoi primi otto anni della autoproclamata indipendenza: un atto unilaterale che lo ha reso uno Stato se non de iure almeno de facto, nel contesto di una comunità internazionale che ancora non lo riconosce e all’interno della quale ancora si studiano e si avanzano proposte e progetti per una soluzione della crisi, culminata negli anni 1999-2000 con l’attacco armato della Nato all’esercito serbo che allora era impegnato severamente contro le milizie dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, ben foraggiate di armi, logistica e rifornimenti da Washington per dare la mazzata finale all’allora Presidente Jugoslavo Slobodan Mlosevic e al suo “cerchio magico” reduce da tutte le precedenti guerre parallele balcaniche dal 1991 (conflitto serbo-croato, disfacimento disastroso e sanguinoso della trietnica Bosnia) guerriglia in Kosovo del 1998-1999 appunto.

    Di lì a poco più di una settimana, lo scorso 26 febbraio, ecco l’indizione di elezioni presidenziali dagli svolgimenti quantomeno fantomatici e così il Kosovo, a poco più di un mese dalle consultazioni politiche di Belgrado, ha anche un nuovo presidente. Non a caso – la Cia ha organizzato tutto per bene –  ne è uscito Hashim Thaçi, che, al terzo scrutinio è stato eletto da 81 deputati (presenti e votanti) con 71 voti a proprio favore. Può essere significativo il fatto che i restanti 10 voti siano risultati nulli, o comunque non validi, mentre l’altro candidato alla presidenza, Rafet Rama, deputato del PDK, vale a dire appartenente allo stesso partito politico di Thaçi e del quale Thaçi stesso è leader indiscusso, non ha ricevuto alcun voto, nemmeno il proprio…e questo dice tutto.

    Tuttavia, a dispetto del risultato del voto e delle stesse modalità elettorali, si tratta di una elezione non di poco conto: intanto perché rappresenta un “cambio di marcia” significativo negli equilibri rappresentati alla presidenza, con il passaggio da una figura scialba e sbiadita, tuttavia gradita alla comunità internazionale e soprattutto agli Stati Uniti – vero e proprio “dominus” della scena politica kosovara – come quella della ex Presidentessa Atifete Jahjaga; e poi perché costituisce un vero e proprio “coronamento” della carriera politica di Hashim Thaçi, vero e proprio “uomo forte” del Kosovo di oggi, con un passato di “pensatore” burattino e burattinaio al contempo della guerriglia separatista albanese kosovara dell’UCK.

    È vero che l’elezione di Thaçi poteva sembrare più che scontata: il Kosovo è oggi governato da una specie di “grande coalizione” tra i due partiti eredi delle due ali politiche maggiori della guerriglia separatista degli anni Novanta, il PDK (il partito di Thaçi stesso, il Partito Democratico del Kosovo) e l’LDK (il partito che fu dello scomparso “ghandiano” Hibrahim Rugova, la Lega Democratica del Kosovo); la presidenza del governo è attualmente espressa dall’LDK, con la figura del Premier Isa Mustafa; il patto non scritto prevedeva, in tale sorta di staffetta istituzionale, che Thaçi fosse appunto candidato “naturale” alla presidenza.

    Al punto che non è sfuggito ad alcuni osservatori ed analisti, non solo il fatto che l’LDK non abbia inteso candidare nessuno alla presidenza, ma che anche l’altro candidato, espressione dello stesso PDK come detto, non abbia avuto nemmeno un voto, nemmeno il proprio, e sia stato quindi, di fatto, più un candidato “formale” che un competitor reale, in modo da rendere legittima l’elezione.

    In Kosovo, però, nulla è mai scontato come potrebbe sembrare: le opposizioni ultra-nazionaliste (in particolare i due movimenti politici della AAK, l’Alleanza per il Futuro del Kosovo, del’ex capo guerrigliero – passato anche per gli scranni del Tribunale Penale dell’Aja per presunti crimini di guerra ma alla fine assolto – Ramush Haradinaj (in foto) e “Vetevendosje”, ovvero Autodeterminazione, di Albin Kurti) continuano a boicottare le votazioni e i lavori parlamentari. In tale scacchiere bollente l’elezione di Thaçi alla presidenza si è svolta in un clima da “guerra civile”, con scontri violenti nelle strade di Pristina; il diffuso malumore, sia di carattere politico, sia a livello sociale, rischia di tracimare in violenza diffusa e mette in bilico le chances di sviluppo e convivenza.

    L’accordo di normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina (siglato il 19 aprile 2013 e aggiornato il 25 agosto 2015, n.d.r.) impone difficili rinunce e delicate mediazioni ad ambo le parti: da parte kosovara, viene riconosciuta (sebbene sia sistematicamente ostacolata) la costituzione della cosiddetta “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, dotata di una autonomia speciale, nel quadro costituzionale kosovaro, specie nei campi dell’economia locale, sviluppo e infrastrutture, scuola e sanità; da parte serba, viene riconosciuto lo status quo, che non impone (a meno di forzature da Bruxelles o Washington) il riconoscimento del Kosovo, ma non ne può impedire l’adesione ai consessi internazionali. Peraltro resta, in punta di diritto, in vigore la nota risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244 del 1999, ovvero fuori le armate serbe dalla regione e stabilizzazione con il doppio canale militare, con le forze Nato – tra cui circa 4000 soldati italiani a cui è stato assegnato il polo West-Pec o Peje – e civile con l’amministrazione UNMIK, United Nations Mission in Kosovo.

    La sfida è l’incertezza, dal momento che si tratta, per tanti motivi, di una regione in bilico, sia in termini sociali, sia in termini istituzionali: i cittadini kosovari soffrono per le condizioni materiali di esistenza, subiscono una disoccupazione galoppante e una povertà diffusa, e patiscono i termini di una serie di limitazioni istituzionali. Lo dimostra il fatto che, ad esempio, i cittadini kosovari siano praticamente gli unici in Europa che ancora devono richiedere un visto per recarsi in area Schengen.

    Marcello Di Meglio

    Leggi l’articolo originale: PAPA FRANCESCO RICEVE A ROMA PRESIDENTE KOSOVO HASHIM THACI

  • Papa Francesco riceve a Roma presidente Kosovo Hashim Thaci

    ROMA 19 GIU. Grandi manovre diplomatico-politiche per il Vaticano interessato agli instabili Balcani del Sud. Ieri il Presidente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo, Hashim Thaci, è stato ricevuto da Papa Francesco per un colloquio di mezz’ora nel Palazzo Apostolico di Santa Romana Chiesa. Lunedi 11 luglio prossimo tocca al Presidente serbo Nicolic.

    Il Vaticano non ha ancora riconosciuto lo Stato kosovaro, che si è auto dichiarato indipendente dalla Serbia nel febbraio 2008, regione multietnica a maggioranza albanofona dove peraltro si trovano molti monasteri ortodossi serbi

    A dare notizia dell’udienza è stata ieri la stessa presidenza kosovara. Si è trattato di una “[…]udienza di carattere privato[…]”, ha detto il portavoce vaticano, Padre Federico Lombardi, interpellato per un commento.

    Il presidente del Kosovo Thaci, di etnia religiosa musulmana, si è detto “onorato” dell’udienza, in un messaggio pubblicato ieri sul suo account Twitter in inglese, dove ha diffuso anche una istantanea dell’incontro (in foto). “Discussione profonda e sincera sul Kosovo, l’Europa e i nostri valori condivisi” – ha scritto il primo inquilino di Pristina. Dopo l’udienza papale, il leader kosovaro è stato ricevuto dal segretario per le Relazioni Esterne della Santa Sede, Monsignor Paul Richard Gallagher (il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano per gli Affari Esteri si trova in questi giorni in Ucraina).

    Hashim Thaci “[…]ha invitato il Santo Padre a visitare il Kosovo nel prossimo futuro ed ha espresso il suo desiderio che la Santa Sede riconosca lo Stato del Kosovo alla prima opportunità” , -si legge in una nota diffusa anche in inglese dalla presidenza kosovara. In una intervista alla RTK la tv pubblica Radiotelevizioni i Kosovës, il presidente ha affermato: “Il Vaticano ci ha accolti oggi come Presidente della Repubblica del Kosovo e ciò accade solo a livello bilaterale, il livello più alto. Non è il primo incontro a questo livello. Credo che il Vaticano prenderà ufficialmente la decisione di riconoscere il Kosovo nel prossimo futuro. Quindi voglio credere che l’incontro con il Cardinale (Monsignor Gallagher, n.d.r.) sia servito ad accelerare la prospettiva che porti al riconoscimento del Kosovo da parte del Vaticano”.

    Nella nota diffusa da Pristina si legge, ancora, che Thaci – “[…]ha riferito al Santo Padre sulle questioni interne ed estere del Kosovo come Stato, capace di voltare la pagina della parte amara della sua storia, e ora incamminato verso un futuro pacifico, stabile, prospero per i propri cittadini e per l’intera regione. Nel corso dell’incontro con il Papa, il Presidente Thaci ha detto che il Kosovo è un esempio nella regione e al di là di essa per la tolleranza e la coesistenza tra popoli di diverse religioni e etnie”. Il Presidente Thaci “[…]ha anche espresso la sua felicità per la canonizzazione a settembre di Madre Teresa”, la Beata in procinto di santificazione nata in territorio kosovaro, «sottolineando che Madre Teresa impersona i valori universali”.

    Il 17 febbraio scorso, il Kosovo (almeno la sua larga maggioranza albanese kosovara) ha celebrato i suoi primi otto anni della autoproclamata indipendenza: un atto unilaterale che lo ha reso uno Stato se non de iure almeno de facto, nel contesto di una comunità internazionale che ancora non lo riconosce e all’interno della quale ancora si studiano e si avanzano proposte e progetti per una soluzione della crisi, culminata negli anni 1999-2000 con l’attacco armato della Nato all’esercito serbo che allora era impegnato severamente contro le milizie dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, ben foraggiate di armi, logistica e rifornimenti da Washington per dare la mazzata finale all’allora Presidente Jugoslavo Slobodan Mlosevic e al suo “cerchio magico” reduce da tutte le precedenti guerre parallele balcaniche dal 1991 (conflitto serbo-croato, disfacimento disastroso e sanguinoso della trietnica Bosnia) guerriglia in Kosovo del 1998-1999 appunto.

    Di lì a poco più di una settimana, lo scorso 26 febbraio, ecco l’indizione di elezioni presidenziali dagli svolgimenti quantomeno fantomatici e così il Kosovo, a poco più di un mese dalle consultazioni politiche di Belgrado, ha anche un nuovo presidente. Non a caso – la Cia ha organizzato tutto per bene –  ne è uscito Hashim Thaçi, che, al terzo scrutinio è stato eletto da 81 deputati (presenti e votanti) con 71 voti a proprio favore. Può essere significativo il fatto che i restanti 10 voti siano risultati nulli, o comunque non validi, mentre l’altro candidato alla presidenza, Rafet Rama, deputato del PDK, vale a dire appartenente allo stesso partito politico di Thaçi e del quale Thaçi stesso è leader indiscusso, non ha ricevuto alcun voto, nemmeno il proprio…e questo dice tutto.

    Tuttavia, a dispetto del risultato del voto e delle stesse modalità elettorali, si tratta di una elezione non di poco conto: intanto perché rappresenta un “cambio di marcia” significativo negli equilibri rappresentati alla presidenza, con il passaggio da una figura scialba e sbiadita, tuttavia gradita alla comunità internazionale e soprattutto agli Stati Uniti – vero e proprio “dominus” della scena politica kosovara – come quella della ex Presidentessa Atifete Jahjaga; e poi perché costituisce un vero e proprio “coronamento” della carriera politica di Hashim Thaçi, vero e proprio “uomo forte” del Kosovo di oggi, con un passato di “pensatore” burattino e burattinaio al contempo della guerriglia separatista albanese kosovara dell’UCK.

    È vero che l’elezione di Thaçi poteva sembrare più che scontata: il Kosovo è oggi governato da una specie di “grande coalizione” tra i due partiti eredi delle due ali politiche maggiori della guerriglia separatista degli anni Novanta, il PDK (il partito di Thaçi stesso, il Partito Democratico del Kosovo) e l’LDK (il partito che fu dello scomparso “ghandiano” Hibrahim Rugova, la Lega Democratica del Kosovo); la presidenza del governo è attualmente espressa dall’LDK, con la figura del Premier Isa Mustafa; il patto non scritto prevedeva, in tale sorta di staffetta istituzionale, che Thaçi fosse appunto candidato “naturale” alla presidenza.

    Al punto che non è sfuggito ad alcuni osservatori ed analisti, non solo il fatto che l’LDK non abbia inteso candidare nessuno alla presidenza, ma che anche l’altro candidato, espressione dello stesso PDK come detto, non abbia avuto nemmeno un voto, nemmeno il proprio, e sia stato quindi, di fatto, più un candidato “formale” che un competitor reale, in modo da rendere legittima l’elezione.

    In Kosovo, però, nulla è mai scontato come potrebbe sembrare: le opposizioni ultra-nazionaliste (in particolare i due movimenti politici della AAK, l’Alleanza per il Futuro del Kosovo, del’ex capo guerrigliero – passato anche per gli scranni del Tribunale Penale dell’Aja per presunti crimini di guerra ma alla fine assolto – Ramush Haradinaj (in foto) e “Vetevendosje”, ovvero Autodeterminazione, di Albin Kurti) continuano a boicottare le votazioni e i lavori parlamentari. In tale scacchiere bollente l’elezione di Thaçi alla presidenza si è svolta in un clima da “guerra civile”, con scontri violenti nelle strade di Pristina; il diffuso malumore, sia di carattere politico, sia a livello sociale, rischia di tracimare in violenza diffusa e mette in bilico le chances di sviluppo e convivenza.

    L’accordo di normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina (siglato il 19 aprile 2013 e aggiornato il 25 agosto 2015, n.d.r.) impone difficili rinunce e delicate mediazioni ad ambo le parti: da parte kosovara, viene riconosciuta (sebbene sia sistematicamente ostacolata) la costituzione della cosiddetta “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, dotata di una autonomia speciale, nel quadro costituzionale kosovaro, specie nei campi dell’economia locale, sviluppo e infrastrutture, scuola e sanità; da parte serba, viene riconosciuto lo status quo, che non impone (a meno di forzature da Bruxelles o Washington) il riconoscimento del Kosovo, ma non ne può impedire l’adesione ai consessi internazionali. Peraltro resta, in punta di diritto, in vigore la nota risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244 del 1999, ovvero fuori le armate serbe dalla regione e stabilizzazione con il doppio canale militare, con le forze Nato – tra cui circa 4000 soldati italiani a cui è stato assegnato il polo West-Pec o Peje – e civile con l’amministrazione UNMIK, United Nations Mission in Kosovo.

    La sfida è l’incertezza, dal momento che si tratta, per tanti motivi, di una regione in bilico, sia in termini sociali, sia in termini istituzionali: i cittadini kosovari soffrono per le condizioni materiali di esistenza, subiscono una disoccupazione galoppante e una povertà diffusa, e patiscono i termini di una serie di limitazioni istituzionali. Lo dimostra il fatto che, ad esempio, i cittadini kosovari siano praticamente gli unici in Europa che ancora devono richiedere un visto per recarsi in area Schengen.

    Marcello Di Meglio

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  • Vigili del fuoco Usb, oggi è sciopero nazionale

    Oggi sciopero nazionale dei vigili del fuoco Usb

    GENOVA. 11 GIU. Usb, Unione Sindacale di Base Pubblico Impiego dei Vigili del Fuoco ha dichiarato lo sciopero nazionale per oggi, sabato 11 giugno.

    I vigili del fuoco di Usb del settore operativo incroceranno le braccia dalle ore 09.00 alle 13.00; quello amministrativo e informatico per l’intera giornata. Verranno garantiti solo i servizi di emergenza.

    Lo sciopero è indetto contro il blocco dei contratti nazionali e contro la riforma del sistema pensionistico, che non riconosce ai Vigili del Fuoco la categoria di lavoro particolarmente usurante; contro la precarizzazione del dispositivo di soccorso, che unito all’investimento di risorse su nuovi distaccamenti volontari crea il “soccorso part time”; per un piano di assunzioni strutturali finalizzato a risolvere il problema del precariato.

    “USB – si legge in una nota sindacale – vuole l’apertura del contratto di lavoro e l’assunzione dei precari, punti estremamente importanti per poter far fronte allo stato attuale di degrado del corpo nazionale. Il riordino, firmato da tutti escluso USB, ha di fatto massacrato la macchina del soccorso rendendoci schiavi della produttività. Mancano unità, mezzi, attrezzature. I lavoratori del corpo nazionale non sono riconosciuti come categoria particolarmente ed altamente usurante, non godono di quelle rassicurazioni normative che solidificano le economie stabili.

    Siamo sotto la scure del recupero crediti da parte di una amministrazione che in base ad una interpretazione dell’avvocatura di stato, parere richiesto direttamente dalla direzione centrale delle risorse economiche e finanziarie, impone che tutte le voci (anche contrattuali, quindi l’indennità di rischio) che sono contenute dentro la parola “indennità” devono essere valutate dall’amministrazione ed in caso “non erogate” ai lavoratori. L’applicazione di tale condizione è possibile per l’amministrazione con retroattività di 10 ANNI.

    Come USB stiamo contrastando in solitudine questo fenomeno con denunce e vertenze contro l’amministrazione in difesa di tutta la categoria. Siamo ancora in attesa che l’amministrazione ci fornisca la documentazione per poterla divulgare ai lavoratori. Ci dispiace dover notare come il dipartimento (il capo per la fattispecie) non voglia rendere i lavoratori a conoscenza di questa scellerata manovra di recupero crediti verso i lavoratori.

    L’11 GIUGNO, USB, sarà in sciopero nazionale per difendere il diritto di tutti al contratto di lavoro e alle economie stabili. Vogliamo una giusta costruzione del diritto di tutti i lavoratori del corpo nazionale. Basta legge 252 e pseudo riforme, a ribasso, dei decreti legislativi 217 e 139. Adesso è tempo di riprenderci i nostri diritti e i nostri arretrati.

    600€ di aumento subito (per i due contratti già scaduti) con relativi arretrati e apertura del terzo contratto in corso per fissare un ulteriore aumento sostanziale delle nostre economie e diritti”.

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  • Autostrade, sciopero domenica e lunedì. Possibili disagi ai caselli

    Sciopero di quattro ore a turno dei casellanti. Possibili disagi

    ROMA. 5 GIU. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei caselli autostradali hanno indetto una protesta di quattro ore per turno per domenica mattina e lunedì sera per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale, scaduto da cinque mesi.

    In funzione ci saranno solo le casse automatiche e il telepass.

    Secondo do Autostrade per l’Italia potranno verificarsi disagi e code presso su tutta la rete i caselli domenica dalle ore 10.00 alle 14.00 e dalle 18.00 alle 2.00 di lunedì 6 giugno. La protesta riguarda il personale ai caselli e interesserà solo i varchi con pagamento manuale che potranno essere chiusi.

    La situazione del traffico sulle autostrade: https://www.autostrade.it/autostrade-gis/gis.do

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  • Concordia, confermata condanna a 16 anni per Schettino

    La Costa Concordia naufragata all’ Isola del Giglio

    FIRENZE. 31 MAG. E’ stata confermata la condanna a 16 anni di reclusione a Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia naufragata contro alcuni scogli dell’Isola del Giglio. A deciderlo stasera la corte d’appello di Firenze.

    A Firenze – rispetto all’aula di Grosseto – si sono sentite più nette le critiche della difesa agli ufficiali della nave, che non lo avrebbero supportato adeguatamente in plancia, tra cui Ciro Ambrosio, Silvia Coronica, il cartografo Simone Canessa.

    La difesa ha provato a rimarcare anche la conseguenza sull’incidente dell’errore del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin e ha cercato di tirare in ballo la compagnia.

    Tutti temi che però nella valutazione del pubblico ministero non rilevano, non hanno caratteristiche di novità tali da far rivedere il giudizio.

    L’accusa ha mantenuto la sua linea ferma contro Schettino, ha sottolineato il disonore per la marina italiana riguardo all’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone a bordo, ha ribadito che non ci sono state parole di scusa o di pentimento.

    Il pg Giancarlo Ferrucci, ha chiesto 27 anni di condanna, ha riproposto l’aggravante della ‘colpa cosciente’; mentre il pm Alessandro Leopizzi di Grosseto, ha detto che “la colpa fu anche di altri” che hanno già patteggiato, “ma questo,non cancella le colpe di Schettino”.

    Nel mentre Schettino non ha assistito a nessuna udienza di Firenze mantenendo sempre, così, un profilo basso. (nella foto: la Costa Concordia naufragata all’ Isola del Giglio e appoggiata sul lato destro. Il naufragio avvenì venerdì 13 gennaio 2012 alle 21:45:05 nelle acque dell’Isola del Giglio quando la nave urtò uno scoglio riportando l’apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato sinistro dell’opera viva. L’impatto provocò un forte sbandamento e un arenamento sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto, seguito dal parziale affondamento della nave. L’incidente provocò 32 morti tra i passeggeri e l’equipaggio della Costa Concordia; ai quali seguì la morte di un sommozzatore mentre era intento a collaborare nei lavori di rimozione del relitto).

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  • 22enne trovata morta, l’ex confessa: L’ho bruciata viva

    L’autore del terribile omicidio Vincenzo Paduano mentre abbraccia la sua vittima la 22enne Sara (foto di Facebook)

    ROMA. 30 MAG. Ha confessato l’omicidio di Sara Di Pietrantonio, Vincenzo Paduano, l’ex ragazzo 27enne della studentessa 22enne trovata morta, all’alba di domenica 29 maggio, semi carbonizzata nei pressi della sua auto in fiamme, in via della Magliana, alla periferia di Roma.

    Il 27enne dopo un lungo interrogatorio è crollato e ha ammesso il terribile e crudele omicidio.

    Paduano era stato il fidanzato di Sara per due anni poi, il loro rapporto si era interrotto poco tempo fa.

    Si è trattato di un terribile omicidio con gli investigatori che hanno ammesso che “Sara è stata bruciata viva dal suo ex”.

    Lo stesso capo della Squadra Mobile di Roma Luigi Silipo, visibilmente toccato, durante la conferenza stampa, ha dichiarato: “In 25 anni di lavoro non avevo mai visto un delitto così atroce”.

    L’ex l’avrebbe inseguita a piedi e data alle fiamme quando era ancora viva mentre la ragazza chiedeva disperatamente aiuto.

    Secondo una ricostruzone Vincenzo avrebbe aspettato Sara sotto casa del nuovo ragazzo e poi, quanto ha visto che arrivava, si è allontanato conoscendo la strada che avrebbe fatto.

    Su via della Magliana l’avrebbe poi raggiunta e stretta costringendola ad accostarsi. Poi, dopo una lite in macchina, l’assassino avrebbe cosparso con l’alcol l’auto e anche Sara che però sarebbe riuscita a scendere per cercare di mettersi in salvo. Lui però l’ha raggiunta e le ha dato fuoco.

    Sembra che la giovane abbia chiesto aiuto anche a delle macchine che passavano, ma nessuno si è fermato.

    A tale proposito il sostituto procuratore di Roma Maria Monteleone dirante la conferenza stampa sul fermo Vincenzo Paduano. “Ci vuole coraggio da parte dei cittadini, da parte di chi passa e vede qualcuno in difficoltà, forse se qualcuno si fosse fermato Sara sarebbe ancora viva”. Poi l’esortazione della Monteleone a non aver paura a denunciare gli episodi di violenza in cui incorrono le donne, spesso giovanissime, ma anche le violenze che avvengono nelle famiglie.
    “Una telefonata al 113 è gratis: se si vedono cose strane è un dovere chiamare forze ordine”, ha aggiunto il capo della squadra mobile di Roma, Luigi Silipo. (nelle foto: la 22enne Sara Di Pietrantonio abbracciata al suo assassino, il luogo dove è avvenuto il delitto, l’auto bruciata e una bella foto di Sara su Facebook).

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  • Funerali laici ieri per Giorgio Albertazzi

    Funerali laici per Giorgio Albertazzi

    GROSSETO. 30 MAG. Ieri, domenica 29 maggio, si è svolto nella tenuta di famiglia a Pescaia di Grosseto l’ultimo saluto a Giorgio Albertazzi. Nessun funerale, così come l’artista che si dichiarava “non credente” (“Io non sono credente, come non lo era Kafka”)aveva chiesto. Intorno alla bara, nel parco della tenuta dove l’artista viveva con la moglie Pia de’ Tolomei, sposata nel dicembre del 2007 a Roma con rito civile , si sono riuniti gli amici più stretti.

    Presenti  Maurizio Scaparro, Oliviero Beha, Milly Carlucci, Ornella Vanoni,  Mariangela D’Abbraccio, Lina Sastri e Caterina Caselli. Alla tenuta è arrivata per dare l’ultimo saluto anche tanta gente del luogo che negli anni ha stabilito rapporti praticamente quotidiani con il maestro e con la moglie.

    FRANCESCA CAMPONERO

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